L'Esame Podologico

Ogni paziente che presenti sintomi di interesse podologico deve essere sottoposto ad un adeguato esame. Il limitarsi alla riduzione di una ipercheratosi al trattamento di una alterazione ungueale,etc., deve costituire per il podologo una eccezione comune solo ed esclusivamente al primo approccio ed in fase acuta.

Infatti, sintomi apparentemente circoscritti possono essere, nei piedi, l’espressione di un processo a carico della struttura o della funzionalità dell’intero arto inferiore o del rachide e costituire quindi la manifestazione parziale di una più ampia sintomatologia.

Nell’esame podologico sono compresi: l’anamnesi podologica e l’esame obiettivo.

ANAMNESI PODOLOGICA

  

L’ordine da seguire nel condurre l’esame podologico deve essere prestabilito sulla base di una “cartella podologica”, la quale deve riportare schematicamente i dati relativi alla anamnesi familiare, fisiologica, patologica remota e prossima.

[vc_nested_accordion top_margin=”none” active_tab=”vbnb”][vc_nested_accordion_tab title=”ANAMNESI FAMIGLIARE” tab_id=”1″]
  • precedenti familiari di malformazioni a carico dell’apparato locomotore;
  • diabete mellito, di cui è noto il carattere ereditario.
[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ANAMNESI FISEOLOGICA ACCERTA” tab_id=”2″]
  • età e sesso del paziente;
  • presenza di malformazioni;
  • patologie professionali. Infatti taluni disturbi podologici possono essere più frequenti fra coloro che hanno una grande attività deambulatoria o un prolungato mantenimento della stazione eretta o l’obbligo di scarpe antinfortunistiche e/o praticano un’attività sportiva, etc.
[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ANAMNESI PATOLOGICA REMOTA” tab_id=”3″]
  • affezioni pregresse dell’apparato cardiovascolare quali insufficienza arteriosa, venosa, del miocardio, respiratoria, etc.;
  • ipertensione arteriosa;
  • affezioni locali e generali di interesse dermatologico, ortopedico, neurologico,etc..
  • traumi precedenti e non limitati al piede ma nell’ambito dell’apparato locomotorio;
[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ANAMNESI PATOLOGICA PROSSIMALE” tab_id=”4″]

Il dolore, quando se ne conoscono i caratteri può essere di guida per distinguere:

  • malattie vascolari, il dolore intermittente agli arti inferiori (claudicatio intermittens) è scatenato dallo sforzo e attenuato dal riposo, il dolore arterioso persistente è alleviato dalla posizione declive e può preludere alla comparsa di ulcerazioni nel piede diabetico (con arteriopatia ostruttiva e riduzione del lume vasale > 50%); il dolore venoso in presenza di flebopatie si attenua in clinostasi, etc.;
  • artropatie, il dolore si accentua nei movimenti passivi e si manifesta all’inizio della marcia;
  • polinevriti, dolore urente esacerbato dalla palpazione e dalla marcia nella sindrome di Morton; tumori glomici, in cui si manifesta dolore folgorante, che nei piedi trovano sede elettiva nelle zone subungueali.
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ESAME OBIETTIVO LOCALE DEI PIEDI

[vc_nested_accordion top_margin=”none” active_tab=”ccsd”][vc_nested_accordion_tab title=” ALTERAZIONI VASCOLARI E LINFATICHE” tab_id=”5″]

Nell’esame obiettivo è fondamentale la palpazione dei polsi arteriosi, poplitei, tibialie pedidei. Ciò risulta necessario per una valutazione qualitativa dell’apporto ematico.
La valutazione dei polsi si effettua mediante la digitopressione nei punti anatomici corrispondenti alle arterie suddette, e cioè: cavo popliteo posteriormente al ginocchio per l’arteria poplitea, posteriormente al malleolo mediale per la tibiale posteriore, e sul dorso del piede in linea al secondo dito per l’arteria dorsale del piede o pedidea.

È ovvio che questa valutazione è possibile effettuarla su soggetti che non presentano edema, ferite o dolore nei punti anatomici descritti, altrimenti la rilevazione può risultare imprecisa o falsata.
Il suggerimento di un approfondimento può essere utile all’occorrenza, con l’invio del
paziente al medico, per un esame strumentale ed una valutazione oggettiva e quantitativa (p.es. Eco Doppler arterioso/venoso degli arti inferiori per la determinazione dello stato dell’albero vascolare).

Il podologo deve richiedere di consultare gli esami strumentali effettuati ed i referti che ritenesse opportuni per meglio inquadrare la condizione del paziente anche in presenza di precise indicazioni mediche. Ciò anche allo scopo di meglio indirizzare l’azione terapeutica/riabilitativa e per permettergli di esprimere una propria opinione anche se non espressamente richiesta dal medico prescrittore o dallo specialista. La presenza di linfedema e/o l’utilizzo di diuretici deve essere tenuto in buon conto nella realizzazione di ortesi ed ortoplastie di protezione e riallineamento per la considerazione opportuna degli spessori e degli ingombri nella scarpa.

E’ da ricordare che il miglioramento della deambulazione in assenza di sindromi algichee la soluzione dei deficit posturali può incrementare la frazione di eiezione e migliorare la vis a tergo migliorando il quadro vascolare sia venoso che linfatico.
Infatti fra i tanti fattori indicati come concausa della patologia venosa, il disordine posturale appare oggi fra i principali: tutte le condizioni parziali o totali di ipertonia o ipotonia creano una alterazione circolatoria.
Il ritorno del sangue venoso è un movimento a parametri multipli e segue una dinamica elicoidale che coinvolge ossa, muscoli ed articolazioni.
In assenza di deficit posturali e di algie podaliche, l’attività muscolare e la marcia possono assicurare un controllo fisiologico grazie all’azione delle pompe valvulomuscolari.
Se c’è l’integrità funzionale di questa pompa, il deflusso venoso è garantito: ad ogni passo, i muscoli degli arti inferiori si contraggono e, comprimendo le vene profonde provocano una sistole valvulomuscolare che permette il deflusso del sangue verso l’alto.
In questo contesto, già un alluce valgo può compromettere il ritorno venoso in quanto il varismo del primo metatarso non permette di esprimere la funzione di valvola sulla prima perforante (avalvolata), incidendo negativamente sulla vis a tergo. Vari sono i meccanismi che facilitano queste funzioni e riguardano la struttura ossea, le fasce muscolari, le fasce perivascolari ed il gioco delle valvole intravenose ed ossee (come i metatarsi per le vene perforanti dell’avampiede).
Questo gioco organico, premeditato ed estremamente sofisticato, permette la normale deambulazione e contemporaneamente il deflusso circolatorio e gli scambi metabolici.

Il piede, la caviglia e la pompa muscolare del polpaccio formano dunque un cuore periferico e si riuniscono in una unità anatomo-funzionale. È quindi estremamente importante studiare con attenzione l’apparato di appoggio e di locomozione dei nostri pazienti, anche sotto il punto di vista vascolare, prima di progettare e realizzare soluzioni ortesiche od ortoplastie.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”STATO DELLA CUTE E DEGLI ANESSI” tab_id=”6″]

Nella valutazione della cute e degli annessi, anche la desquamazione cutanea e la secchezza,la rallentata crescita delle unghie e la loro ipertrofia, la perdita di attività dei bulbi piliferi possono suggerire disturbi vascolari di tipo arterioso.

L’ipertrofia delle lamine ungueali può evidenziare la presenza di onicomicosi se accompagnate da onicolisi e da ipercheratosi subungueale di origine reattiva alla sovrapposizione micotica.

L’ipertrofia e la deformità delle lamine ungueali, quando presente su tutte le dita dei piedi e spesso anche delle mani, può essere segno di una patologia psicosomatica di interesse dermatologico (p.e. Psoriasi).

Nelle deformità ungueali si deve tenere inopportuno conto della presenza di esostosi subungueali, visibile con esame RX, per un eventuale indicazione chirurgica di exeresi.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”IPERCHERATOSI” tab_id=”7″]

L’ipercheratosi è un ispessimento dello strato corneo dell’epidermide, diffuso o circoscritto in formazioni più o meno rilevate sul piano cutaneo. Può essere secondaria a fattori meccanici microtraumatici, o in rapporto a cause patologiche locali o generali di tipo tossico, infettivo, discrasico.

In condizioni di normalità, i rapporti strutturali e molecolari tra cheratinociti epidermici e mastociti del derma sono tali da garantire il corretto trofismo cutaneo. In presenza di uno stimolo non fisiologico o una iperstimolazione cutanea, le interazioni tra mastociti e cheratinociti cambiano
incrementando l’evaporazione trans-epidermica di acqua ed i ritmi di rinnovamento e di esfoliazione. Le ipercheratosi di origine micro-traumatica sono una difesa naturale che la cute sviluppa in risposta ad una stimolazione anomala o eccessiva, come avviene nelle aree di ipercarico.

In tali zone di appoggio una ipercheratosi trascurata è responsabile a sua volta di un ulteriore incremento del carico in quella stessa sede. Infatti le ipercheratosi micro-traumatiche diventano
dolorose quando le loro dimensioni si accrescono generando apprezzabili deformazioni della stratificazione della cute e nuove forze di sfregamento con la prominenza ossea, così come avviene con un corpo estraneo nella scarpa.

In tali casi esse vanno rimosse ma non si può pensare di risolvere l’intervento podologico alla sola azione di curettage: la visita e l’intervento podologico deve contemplare la valutazione delle cause del cattivo appoggio plantare e del dolore e la sua localizzazione non soffermandosi al solo distretto anatomico piede, ma analizzando ed integrando le informazioni biomeccaniche e nocicettive provenienti da distretti osteo-articolari e muscolo-legamentose più a monte.

Il curettage delle ipercheratosi plantari o digitali può essere accompagnato da un feltraggio adesivo temporaneo e l’applicazione di un patch che controlli la iperreattività mastocitaria (p.e. Postilom), l’applicazione di crema idratante con un bilanciato apporto lipidico (p.e. Podidral),il progetto e l’applicazione di ortesi propriocettive posturali o non e di ortoplastie di protezione o riallineamento.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ALTERAZIONE DI INTARESSE DERMATOLOGICO” tab_id=”8″]

Tutte le alterazioni cutanee secondarie a cause patologiche locali o generali di tipo tossico, infettivo, discrasico e non di esclusiva causa meccanica microtraumatica, devono essere affrontate prediligendo l’integrazione del parere del medico dermatologo

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ALTERAZIONE DI INTARESSE ORTOPEDICO” tab_id=”9″]

Ogni deformità del piede congenita od acquisita deve essere attentamente valutata in termini riabilitativi studiando la risoluzione della sintomatologia attraverso opportuni presidi ortesici ed ortoplastici.

La soluzione chirurgica dovrebbe essere considerata al fallimento di un accurato approccio podologicoriabilitativo e conservativo.
Se su un piede doloroso si elimina la sindrome algica con una presidio podologico, l’opzione chirurgica potrebbe essere rimandata sine die.
Le algie a carico delle grandi articolazioni e del rachide dovrebbero essere affrontate inizialmente attraverso un approccio podologico riabilitativo e conservativo analizzandone la eziopatogenesi e fra queste non trascurando eventuali sindromi o deficit posturali che spesso, a partire dal piede,
compromettono la funzionalità di organi più a monte.

Lombosciatalgie, cruralgie, ernie discali, cervicalgie, verticalizzazioni del rachide, le affezioni ortopediche del piede e delle grandi articolazioni, l’eterometria funzionale degli arti inferiori, possono avere nella loro eziopatogenesi una origine posturale, così come le scoliosi definite “idiopatiche”, a sottolineare l’origine misconosciuta, devono essere ricondotte spesso come esito secondario di una sindrome posturale ed in tal modo affrontate e recuperate in tutta la quota funzionale prima dell’adozione di un busto correttivo o di una opzione chirurgica.

Per tali ragioni il podologo posturologo risulta inserito in un più ampio contesto sanitario e tale specializzazione, come quelle nel piede sportivo, nel piede diabetico e nella reumatologia, rappresentano oggi le frontiere in cui la podologia può dare il suo più ampio contributo.

In fase acuta la eventuale terapia medica antinfiammatoria dovrebbe essere accompagnata da protezioni locali temporanee (feltraggi); in fase cronica, alla eventuale terapia fisica dovrebbe essere associata una ortoplastia di protezione o una terapia riabilitativa con una ortoplastia di riallineamento; contemporaneamente dovrebbe essere intrapreso un approccio posturale per una eventuale riprogrammazione posturale attraverso plantari propriocettivi e/o ginnastica posturale. Inoltre, all’indomani di un intervento chirurgico, la fase riabilitativa dovrebbe sempre essere accompagnata da una valutazione podologica e dalla realizzazione di ortesi od ortoplastia di protezione/riallineamento allo scopo di avere un recupero funzionale più veloce ed un minor rischio di recidiva.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ALTERAZIONI DI INTARESSE NEUROLOGICO” tab_id=”103″]
  1. Nelle lesioni vertebro midollari traumatiche e non traumatiche o dopo accidenti vascolari cerebrali nella fase cronica o di stato, dopo aver provveduto al recupero mioarticolare, afferenziale, funzionale si provvede eventualmente all’ottimizzazione della deambulazione.
    In questa fase il contributo del podologo può essere fondamentale visto che ogni alterazione della deambulazione, per il danno subito a livello celebrale (paralisi spastica dei motori muscolari colpiti) o midollare (paralisi flaccida), può comportare ipercarichi e relative sindromi algiche risolvibili con un approccio ortesico/ortoplastico.
  2. Col successo dei vaccini antipolio (con obbligo dal 1966 in Italia), il poliovirus selvaggio è stato eradicato dall’emisfero occidentale. Ogni anno si verificano, nei paesi industrializzati, dai 5 ai 10 nuovi casi di malattia dovute al vaccino. Questi casi però difficilmente portano i sintomi più gravi della poliomielite paralizzante, che si possono manifestare quando il primo contatto col virus non attenuato avviene in tarda infanzia, adolescenza o in età adulta. Nonostante la malattia sia praticamente scomparsa, nei nostri ambulatori capita ancora di vedere gli esiti da poliomielite in soggetti ultra quarantenni.
    Negli esiti della poliomielite paralizzante il virus ha invaso il SNC e si è diffuso nelle cellule delle corna anteriori del midollo spinale e nella corteccia motoria dell’encefalo.
    Essendo il muscolo innervato da fibre alfa, volontarie, che provengono dalle celluledelle corna anteriori del midollo, fra i segni della malattia c’è la paralisi flaccida asimmetrica, senza perdita delle capacità sensoriali, che interessano generalmente gliarti inferiori.
    A questa si associa la scomparsa dei riflessi tendineo-periostei mentre lo scheletro appare osteoporotico ed ipoplasico.
    I gruppi muscolari paralizzati si presentano atrofici con deformazione dei segmenti corporei interessati, eterometria vera e piede in equinismo.
    Gli ipercarichi si dispongono a livello dell’avampiede ed in molti casi sulle dita, apicalmente.
    Un feltraggio e successivamente una ortoplastia di esclusiva protezione, possono risolvere il microtrauma correggendo l’ipercarico dell’ avampiede.
  3. La presenza di una eterometria di tipo funzionale in aggiunta a quella vera, è solitamente conseguenza di una rotazione del bacino con slivellamento della cresta iliaca della gamba sana non colpita da polio. La valutazione potrà essere fatta attraverso una RX in ortostatismo su lastra quadrettata mantenendo la correzione (il cuneo al calcagno e/o le scarpe ortopediche). In tal caso
    bisognerà studiare e risolvere l’eventuale deficit posturale che solitamente si accompagna ad una ipercorrezione sull’arto malato (cuneo maggiorato) e ad una lombalgia per conflitto L4-L5-S1 (4).
  4. Nei pazienti con diagnosi di paralisi cerebrale infantile si palesa spesso dall’anamnesi una storia di ipertono nei primi mesi di vita (a volte ben risolto dal tempestivo approccio fisiokinesiterapico), una ipercifosi, una deambulazione spesso in equinismo di tipo funzionale per retrazione del tricipide surale e degli ischiocrurali.In tali soggetti la deambulazione avviene spesso sulle punte a saltelli rapidi, quasi come nella corsa, provocando scarso equilibrio in statica, facilità all’inciampo in dinamica ed un ipercarico cronico all’ avampiede che appare come schiacciato al suolo a raggi aperti come una pinna.
  5. Nelle affezioni del sistema piramidale il piede è solitamente mantenuto in una posizione di flessione plantare ed anche in parziale intrarotazione, con l’ipercarico della superficie antero-laterale della pianta, spesso fonte di metatarsalgia e di lesioni sulle interfalangee.
  6. Nella paraplegia da sclerosi multipla l’ipertono muscolare può comportare microlesioni all’avampiede a livello metatarsale, interfalangeo, apicale soprattutto a livello del I raggio.
  7. Nelle malattie del sistema extrapiramidale possiamo citare il parkinsoniano in cui i caratteri clinici fondamentali sono l’assenza di movimenti spontanei (ipocinesia) e la perdita della motilità fine.
    Conseguenza è l’incremento del tono muscolare con un grossolano tremore su mani e piedi.
    La postura diventa curva ed il paziente si piega in avanti e cammina a piccoli passi, con lo spostamento del carico anteriormente al piede nella regione metatarsofalangea e spesso con conflitti con le interfalangee delle prime dita.
  8. Sul piede diabetico la complicanza della neuropatia sensitivo-motoria risulta anch’essa di interesse podologico.
    La sua valutazione qualitativa può essere effettuata considerando nell’anamnesi disturbi sensitivi e parestesie, sensazione di bruciore che nella maggioranza dei casi hanno inizio a livello degli alluci asimmetricamente. Nell’ambito della visita è importante valutare eventuali alterazioni della sensibilità protettiva.
    A tal scopo è possibile effettuare la valutazione con un “monofilamento” di Semmes Weinstein applicato a livello di 9 punti, sul dorso del piede, sull’area dorsale dell’alluce a livello dell’articolazione interfalangea, sulla pianta del piede, a livello delle aree plantari delle dita (sul primo e quinto polpastrello), all’altezza delle articolazioni I, III e V MF, dell’area plantare corrispondente alla articolazione sotto-astragalica e sotto la grande tuberosità calcaneare, anche invitando il paziente a chiudere gli occhi al fine di evitare le interazioni degli organi della vista con le manovre dell’operatore.
    Queste manovre (effettuabili in pochi minuti e con un alto grado di ripetibilità) hanno interesse per saggiare la sensibilità protettiva del paziente sia per valutare il grado di rischio ulcerazione sia per evitare che ortesi od ortoplastie nuove possano arrecare danno ed ancora che manovre azzardate possano provocare sanguinamento.
    Infatti se la sensibilità è alterata, il soggetto potrà non avvertire il fastidio di una ortesi non ben studiata o mal collocata o potrà manifestare una reazione ridotta all’eccessivo approfondimento della manovra di curettage non avvertendo in tempo il podologo (sensazione nocicettiva alterata).
[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ALTERAZIONI DI INTARESSE REUMATICO” tab_id=”11″]

Fra le malattie reumatiche infiammatorie ricordiamo quelle dovute a meccanismi autoimmunitari (artrite reumatoide o siero negativa), da agenti infettivi (artrite infettiva o reattiva), da microcristalli (artrite gottosa o condrocalcinosi). Fra quelle degenerative ricordiamo l’artrosi primaria e secondaria il cui tessuto bersaglio è la cartilagine con lesioni di tipo progressivo e produttivo.

Le malattie reumatiche sono condizioni morbose che determinano disturbi a carico dell’apparato locomotore e in generale dei tessuti connettivi di tutto l’organismo. I sintomi sono il dolore, la dolorabilità alla pressione, impaccio doloroso, debolezza, affaticabilità, rossore e calore, tumefazione, limitazione funzionale, instabilità.

Il podologo può fare molto per ridurre la sindrome algica in tali pazienti quando l’origine del fastidio è di natura microtraumatica. La diffusione di queste patologie è valutata in circa 1/3 della popolazione adulta ed il 2/3 della popolazione nella III età con una prevalenza nel sesso femminile. Le alterazioni di interesse reumatico si palesano, a carico dell’arto inferiore, solitamente con manifestazioni edematose e/o deformità più o meno severe.

Ogni deformità per quanto contenuta può causare ipercarico e dolore ed il podologo ha il compito di affiancarsi al reumatologo per ridurre la sindrome algica là dove la eziopatogenesi sia microtraumatica, fino a contenerne gli effetti, limitando se possibile la terapia farmacologia attraverso una opportuna terapia ortesica ed ortoplastica di protezione o se possibile di riabilitazione con una ortoplastia di riallineamento dopo aver ridotto le deformità con taping.

L’obiettivo è quello di permettere una deambulazione senza dolore, stabile e sicura per evitare incertezze, impaccio doloroso ed il rischio cadute (soprattutto su pazienti della III e IV età in cui le patologie reumatiche sono più diffuse).

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”PROCESSI INFIAMMATORI” tab_id=”12″]

Ogni processo infiammatorio localizzato al piede di origine microtraumatica è di interesse podologico e deve essere affrontato rimuovendo il microtraumatismo che l’ha generato, attraverso la protezione della parte con feltraggio temporaneo, ortesi, ortoplastia e/o il riallineamento della deformità.

L’approccio podologico che a distanza di 2gg non dovesse portare ad una risoluzione della sindrome algica o almeno ad una sua netta riduzione, deve essere rivalutato criticamente dal podologo analizzando la possibilità di migliorare l’approccio, integrare il protocollo terapeutico e/o di consigliare una visita specialistica.

Questo è il caso ad esempio di un Neuroma di Morton, affrontabile con successo in ambito podologico solo allo stato iniziale, per il quale è d’elezione la chirurgia se il dolore caratteristico della patologia non dovesse ridursi con l’utilizzo di ortesi e/o ortoplastia. O ad esempio di un alluce rigido doloroso con la classica metatarsalgia e dolore articolare nell’appoggio in cui ogni intervento podologico può essere vano essendo l’approccio d’elezione ancora quello chirurgico (artrodesi della I MF).

I processi infiammatori a carico dei tessuti periungueali (fino all’onicocriptosi) dovrebbero essere sempre trattati dal podologo e mai chirurgicamente visti gli esiti particolarmente sfavorevoli delle tecniche di avulsione dell’unghia.

Il mancato risultato terapeutico su una onicocriptosi complicata o non, dovrebbe essere sempre ricercato nella tecnica di approccio e nel protocollo adottato dal podologo e mai nella scarsa compliance del paziente. L’attenzione del podologo deve essere posta anche nelle recidive.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”FISSURAZIUONI, MACERAZIONI E ULCERE” tab_id=”13″]
  1. La fissurazione della cute del tallone è risolvibile attraverso l’opportuno curettage della parte e l’applicazione di creme idratanti specifiche. Sono da evitare creme grasse ed a base alcolica; da prediligere creme con un bilanciato apporto lipidico da applicare 1volta/die.
  2. La macerazione interdigitale o tutte le forme di tinea pedis deve essere trattata con un fungistatico o un antifungineo locale (p.e. Podatlet) risolvendo inoltre la causa. Essendo una sovrapposizione infettiva funginea bisogna ridurre l’eccessiva sudorazione (, usando p.e. Bromipod), eliminare la frequentazione senza adeguate protezioni di luoghi promiscui a piedi nudi (p.e. docce pubbliche), l’abitudine di non asciugarsi accuratamente fra le dita dopo la doccia o il pediluvio, promuovendo l’adozione di scarpe fatte in materiale naturale da alternare ogni giorno (limitando l’adozione di scarpe da ginnastica) e calzini in cotone meglio se con le dita.
  3. L’ulcera è una soluzione di continuo della cute che può coinvolgere l’epidermide, il derma, l’ipoderma, i tendini, la fascia muscolare, il tessuto muscolare e le sottostanti strutture legamentose,ossee e/o cartilaginee.Tale lesione, considerando l’aspetto eziopatogenetico, comprende le ulcere meccaniche (da pressione e/o da confricazione), le ulcere vascolari (arteriose, venose e linfatiche), le ulcere neuropatiche e le ulcere miste (di origine sia neuropatica che vascolare).Ogni ulcera può diventare cronica se le cause che l’hanno generata non sono rimosse o quando, pur avendo rimosso le cause eziopatogenetiche,i processi riparativi sono ostacolati da fattori
    locali o sistemici.Nello specifico le ulcere da pressione o da decubito sono causate dall’azione combinata del fattore pressione-confricrazione e del fattoreimmobilità-atonia.Le lesioni vascolari comprendono: ulcere arteriose,ulcere venose, ulcere miste. Vi sono poi delle lesioni più rare in quanto rappresentano solo una ridotta casistica nel panorama complessivo delle lesioni vascolari, quali le ulcere linfatiche (rare complicanze di quadri linfedematosi), le ulcere vasculitiche (lesioni trofiche cutanee da insufficienza microcircolatoria distrettuale su base flogistica sostenuta da un processo immunologico innescato da varie cause), le ulcere angiodisplasiche (lesioni trofiche degli arti inferiori, spesso insorgenti dopo traumi, in portatori di displasie vasali congenite o ad insorgenza più tardiva).
    Le ulcere neuropatiche, di interesse sopratutto nel piede diabetico, comprendono: l’ipercheratosi (definita su un piede diabetico lesione preulcerativa) e l’ulcera neuropatica in quanto tale.Il trattamento dell’ulcera comprende: la detersione e la rimozione del tessuto necrotico allo scopo di attivare la fase di granulazione anche grazie ad una adeguata medicazione galenica o avanzata (in assenza di infezione).

Se l’ulcera è di origine microtraumatica, già durante la fase di granulazione (in assenza di infezione) è necessario il progetto e l’uso di ortesi e/o ortoplastie di protezione per lo scarico della lesione, per facilitare i processi riparativi ed evitare recidive.

La risoluzione delle fissurazioni del tallone, della tinea pedis e della macerazione interdigitale, delle piaghe ed ulcere acute e croniche risulta ancora più delicato e complesso se il paziente trattato è un soggetto diabetico soprattutto se di lungo corso e/o scompensato.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”PROCESSI INFETTIVI” tab_id=”14″]

I processi infettivi localizzati e non complicati da patologie dismetaboliche o da cellulite possono essere trattate dal podologo, secondo mansionario.
Questo è il caso delle onicocriptosi con i classici segni dell’infezione e granuloma.
In tal caso è fondamentale l’asportazione della spicula ungueale limitando l’uso di antibiotico locale per evitare una inutile sensibilizzazione. Nelle ulcere croniche sono comuni le infezioni, spesso provocate da microrganismi anaerobi oltre allo Stafilococco, Streptococco ed altre specie quali Proteus e Pseudomonas.
Può essere necessaria una terapia antibiotica sistemica intensiva a lungo termine determinata e realizzata dal medico, spesso in ambito ospedaliero. La presenza di cellulite è un importante segno d’allarme che non va sottovalutato.

Il trattamento delle ulcere infette (qualunque sia la sua natura) è demandato esclusivamente al personale medico con l’eventuale collaborazione del podologo.
Il trattamento delle ulcere ischemiche infette non può prescindere da una attenta valutazione diagnostica interventistica allo scopo di una rapida procedura di rivascolarizzazione, nell’ottica del risparmio e del miglior recupero funzionale.

Il trattamento dell’ulcera infetta del diabetico è meglio mirato se si determina il contributo relativo di neuropatia, ischemia e infezione incidendo sulla eziopatogenesi .

[/vc_nested_accordion_tab][/vc_nested_accordion]

ESAME OBIETTIVO BIOMECCANICO

[vc_nested_accordion top_margin=”none” active_tab=”dsfdf”][vc_nested_accordion_tab title=”ESAME BIOMECCANICO DEL PAZIENTE” tab_id=”20″]

Con il paziente disteso vengono esaminati i movimenti del piede: dell’articolazione tibioperoniera- astragalica o tibio-tarsica, astragalo- calcaneare o sottoastragalica, mediotarsica o di Chopart, tarso-metatarsale o di Lisfranc, metatarso-falangee e interfalangee.

Tutte queste articolazioni possono essere sede di processi infiammatori e degenerativi limitando così i ROM fisiologici.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ESAME PODOSCOPICO O PODOGRAFICO” tab_id=”21″]

Con il paziente in stazione eretta si rileva, oltre all’osservazione dell’appoggio plantare, il rapporto in gradi del retropiede rispetto all’asse della gamba, e si procede alla eventuale ricerca della posizione neutra del corpo dell’astragalo.

L’esame podografico è utile nello studio di ortesi ed ortoplastie. Nello specifico del piede del diabetico, l’esame podografico è importante per la valutazione degli eventuali ipercarichi plantari e nella valutazione del grado di rischio ulcerazione.
Tale valutazione ha comunque dei limiti oggettivi piuttosto marcati perché esclude tutte le dinamiche del piede che solitamente sono quelle che esprimono più marcatamente i problemi di appoggio.
Infatti in fase propulsiva i carichi che si rilevano sono ben più elevati rispetto a quelli che sopportiamo in statica bipede.
Inoltre una ortesi realizzata considerando solo l’esame podoscopico o telepodometrico non permette di risolvere tutti i problemi di appoggio dell’avampiede che si verificano in fase propulsiva.
A tale limite si è provato a dare una soluzione in termini digitali con la baropodometria ed intermini analogici attraverso i plantari in calco dinamico.

[/vc_nested_accordion_tab][vc_nested_accordion_tab title=”ANALISI DELLA DEAMBULAZIONE” tab_id=”22″]

È basata sulla rilevazione della posizione dei vari segmenti del piede e dell’arto inferiore, durante le fasi di progressione della marcia.

Questa valutazione qualitativa può divenire quantitativa con la Telepodometria in cui si analizza la ripartizione dei carichi sulla pianta del piede in statica; con la Baropodometria che analizza i carichi oltre che in statica anche nella dinamica del passo, dandoci preziose informazioni sulle condizioni posturali del soggetto; con la Gait Analysis che rileva la posizione temporo-spaziale di punti di repere dell’arto inferiore a livello delle grandi articolazioni.

Come per ogni esame strumentale i risultati dovrebbero essere studiati ed interpretati dal professionista, mentre spesso ci si limita alla sola lettura della diagnosi automatica che i moderni sistemi compilano e stampano.

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